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A un quarto di secolo dalla morte e a un secolo dalla nascita, cosa resta di Roland Barthes e delle creature teoriche che ha generato? Diventato, non romanziere - come avrebbe voluto - ma personaggio romanzesco, maestro acclamato ma non capostipite di una scuola, si può dire che Barthes abbia superato la prova del tempo? Tormentato dall'ansia di auto-superarsi, di scappare dall'istituzione e dal dogma, non è però riuscito a sfuggire al suo destino di classico. Le sue categorie - piacere e godimento, studium e punctum, testo e retorica - sono ormai patrimonio comune. Ma, in questi casi, si rischia di finire nella galleria dei padri nobili, che è come dire dei libri che non si leggono più. E invece Barthes è anzitutto un autore bello da leggere e rileggere. Questa raccolta di saggi - frammenti di un dialogo amoroso con gli scritti e la scrittura di Barthes, redatti da autori che da diversi ambiti disciplinari provano a rimappare il complesso universo di un maestro dai molteplici interessi e dai molteplici disinteressi - è un contributo allo studio di una delle figure più intriganti della French Theory.